L’introduzione dei cibi solidi nei bambini, (lo svezzamento), è detta secondo la definizione dell’OMS, alimentazione complementare.
In pratica è la sostituzione di un pasto a base di latte (preferenzialmente latte materno, altrimenti anche latte artificiale appositamente formulato) con uno a base di minestra o anche solo frutta passata o omegeneizzata. In tutto il mondo le abitudini e le esigenze sono diverse, in India, ad esempio, introducono le spezie all’inizio dello svezzamento, anche verso i sette mesi.
Naturalmente se una mamma non ha sufficiente latte al seno può anche dare un latte artificiale formulato, ma è meglio che non introdurre altri alimenti fino a sei mesi.
Purtroppo non è sempre così. Nelle civiltà industriali l’introduzione dei cibi solidi non dipende dai bisogni nutrizionali del bambino, ma dalla grande disponibilità e dai fattori socio-ambientali che premono sulla famiglia.
Il lattante di tre mesi non ha ancora i sistemi enzimatici adatti per digerire gli amidi presenti nei biscotti e nelle farine anche quelle a base di riso e mais o tapioca, pertanto è bene non sovraccaricare il suo sistema digestivo se non si vuole che al bimbo vengano le feci acide e fermentate, che possono causare irritazione al sederino, dermatiti da pannolino, ed anche delle micosi. Inoltre i biscotti non hanno un grande significato nutrizionale per i bambini, sono alimenti squilibrati, ipercalorici ed iperglucidici, favoriscono l’obesità ed aumentano il carico renale di sali, tuttavia possono essere utilizzati ogni tanto, sono comodi per la mamma e come tutte le cose che non fanno bene, piacciono ai bambini. Nel primo anno di vita comunque è meglio preferire le creme di cereali e le farine e sempre dopo i primi sei mesi di vita.
La regola di base deve essere il rispetto dei bisogni e dei tempi del bambino. Uno svezzamento forzato può produrre disturbi di natura emozionale, alterare il rapporto con il cibo, creare stati di ansia, legati al momento del pasto che possono persistere per tanti anni.
Quindi, il biscotto granulato a quanti mesi?
Se invece la mamma cerca di comprendere i bisogni del proprio figlio, di favorirli, di proporre e non imporre, la graduale separazione dal seno, dal biberon, dai frullati, dagli omogeneizzati avverrà spontaneamente nel tempo. Il bambino lentamente crescerà, maturerà e diventerà sempre più disponibile per affrontare nuovi destini lontano dall’ala protettrice della famiglia.
In questo modo, questo momento chiave dello sviluppo psicofisico nel primo anno di vita verrà vissuto con soddisfazione e non come una frustrazione. I consigli, i libri, le riviste, sono utili solo se la madre applica quanto legge non come è scritto, ma secondo i ritmi e le esigenze proprie e del figlio.
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