“Anche se non posso allattare…” Queste parole sono dedicate ad un mamma che non può allattare il suo piccolo, ed in questi giorni sta vivendo un dramma. Ha appena partorito e probabilmente le sarà diagnosticata una malattia terribile.
Lei voleva comunque allattare il suo bambino. Per tutelare la sua salute ho dovuto consigliarle di non farlo. Gli esami ai quali verrà sottoposta saranno difficili e forse pericolosi. Lei sta soffrendo molto, ma ha accettato, con grande dolore, il mio consiglio di non allattare.
Quando il latte materno, per vari e validi motivi, non può essere dato al bambino, la mamma non deve angosciarsi, preoccuparsi o sentirsi in colpa. L’amore con il quale nutre il suo piccolo con il latte artificiale, è lo stesso della mamma che allatta al seno.
Nel clima di inevitabile “innaturalità” creato dall’allattamento con il latte adattato, è necessario umanizzare e “demedicalizzare” quanto più possibile le procedure.
Se le industrie per l’infanzia hanno “adattato” il latte rendendolo il più simile possibile a quello materno, i genitori devono preoccuparsi di “adattare” il modo di somministrare questo latte ai bisogni relazionali del bambino. Nutrirlo con il biberon non deve assomigliare ad una terapia medica. La madre non deve sembrare un’infermiera, circondata da polveri, misurini, sterilizzatori, termometri, dosi ed orari.
Nell’allattamento artificiale, per quanto il latte esca da una tettarella e non dal seno, è possibile far rivivere al bambino l’intensità di scambi emozionali e la comunicazione che si ha nell’allattamento al seno. Il bambino deve essere accolto ad ogni poppata, dall’abbraccio di chi lo nutre, facendogli provare il contatto con la pelle, offrendogli calore, coccole e intimità.
Oggi il vero rischio è quello di non offrire col cibo tutto l’indispensabile bagaglio di messaggi e di relazioni che rendono veramente “completo” il nutrimento in queste epoche della vita.
In altri termini: tanto più si cura la ricostruzione di tutti gli aspetti nutrizionali, emotivi, relazionali, fisici dell’allattamento naturale, tanto meno l’artificialità di usare latte adattato è uno svantaggio per il bambino.
Se il neonato dovrà fare a meno del latte materno, non potrà fare a meno dell’amore e dell’affetto che i genitori possono dargli.
Le mamme che non allattano al seno, spesso ed inutilmente, tendono a colpevolizzarsi e a provare una sensazione di disagio ed inadeguatezza, pensando di non essere “brave” a sufficienza perché non riescono a produrre il latte per il proprio bambino. Questo non solo è sbagliato, ma è anche inutile.
Bisogna prendersi tutto il tempo necessario per dare al bambino il biberon, tenendolo in braccio a contatto con la pelle. Per lui è essenziale il calore e la vicinanza con il corpo materno, per sentirsi sicuro e protetto. Deve incontrare lo sguardo della madre, riconoscerne l’odore e sentirne la voce.
La poppata non deve essere affrontata in modo “meccanico” ma con calma e dolcezza. Il bambino deve avere il tempo di succhiare, di riposarsi e di riprendere, proprio come farebbe con il seno materno. Il biberon deve essere tenuto in posizione inclinata, con il fondo verso l’alto in modo che la tettarella resti sempre piena di latte.
Il compito del papà non sarà solo quello di offrire un sostegno psicologico alla mamma, ma anche un aiuto pratico. Uno dei vantaggi dell’allattamento artificiale è che il bambino può essere allattato anche dal papà. In questo modo ha l’opportunità di allacciare un profondo legame con il bambino, cosa che nei bambini esclusivamente allattati al seno è prerogativa della mamma.
La frequenza delle poppate è determinata dai tempi di digestione che in questo caso sono più lunghi rispetto a quelli richiesti dal latte materno (un neonato ha bisogno di circa 3-4 ore per digerire un biberon di latte artificiale). In generale, il pediatra indica quali sono le razioni di latte giornaliere, stabilendole in base al peso e al fabbisogno calorico del piccolo.
Quindi: tanta serenità, nessuna ansia, anche se qualitativamente il latte artificiale è meno buono del latte materno, l’amore con il quale viene dato al bambino deve essere uguale.